martedì 12 aprile 2016

Lunga e bella intervista per le prossime date a Gallarate -14 e 15 aprile-di 'Una giornata particolare'



















“Una giornata particolare” al Delle Arti di Gallarate con Giulio Scarpati tra i protagonisti: l’intervista

GALLARATE , 12 aprile 2016 – di SARA MAGNOLI –

Il film “Mario, Maria e Mario”, che di Scola aveva la regia, la partecipazione al progetto teatrale chiamato “Il piccoletto di Roma che Scola aveva sponsorizzato, un rapporto di amicizia instaurato con il regista, ma anche con la moglie e la figlia. E giovedì 14 e venerdì 15 aprile quello che, oggi, diventa anche un omaggio al grande regista Ettore Scola, Giulio Scarpati lo porta in scena a Gallarate, con “Una giornata particolare” che chiude la bellissima stagione del teatro delle Arti.

«Prima di lavorare con lui in “Mario, Maria e Mario” – ricorda l’attore -, io ero abituato a registi miei coetanei, con i quali parlavo sempre. Dopo tre giorni di riprese, lui no, non parlava, e allora gli ho detto: “il nostro rapporto non funziona”. E lui mi rispose: “non pensavo che fossimo fidanzati”… Ecco, questo ha contribuito a far crescere tra noi un’amicizia forte».

Accanto a Scarpati, che in scena ha il ruolo di Gabriele, quello che fu di Marcello Mastroianni al cinema, impersonando Gabriele, omosessuale licenziato dalla radio e destinato – siamo nel periodo fascista, precisamente nel giorno dell’incontro tra Hitler e Mussolini a Roma il 9 maggio 1938 – al confino, Valeria Solarino nei panni dell’Antonietta che al cinema fu ruolo di Sofia Loren, rimasta a casa mentre la sua famiglia è alla parata.

Giulio, che cosa le ha insegnato Ettore Scola e che ricordo ha di lui?

«Ritengo che i suoi film siano geniali. E lui era una persona meravigliosa. Ettore era un affabulatore, nel senso che stavi le ore a sentirlo, aveva una capacità dialettica, era una persona curiosa, mai banale, ci faceva sempre ridere. E sapeva foto1trovare sempre la parte buffa nella tragedia e quella tragica nel buffo. Al progetto teatrale di “Una giornata particolare” lavoravamo da anni con la regista, Nora Venturini, che è mia moglie e due anni fa abbiamo deciso di metterlo in scena. Circa vent’anni fa era stata Gigliola, la moglie di Scola, a farne un adattamento teatrale con Giancarlo Sbragia e Giovanna Ralli. Qui è più compresso, evitiamo i cambi di scena, non ci sono interruzioni nella durata di un’ora e trentacinque minuti di spettacolo. Ed Ettore ci ha lasciato carta bianca, ci ha solo chiesto di tenere l’aspetto filologico e la coerenza, anche nei costumi, con l’epoca, che lui ha vissuto. E questa era anche la nostra preoccupazione. Purtroppo lui è mancato al secondo giorno di prove ed è stato un dispiacere enorme. La moglie il 20 febbraio era alla prima, a Orvieto. E ritengo una fortuna poter recitare tutti i giorni su battute che sono meravigliose, geniali, grazie a quella sua capacità di raccontare tra il riso e il pianto: in questo era un maestro. La sua è stata una generazione coraggiosa, aveva coraggio nel fare le cose e nel dirsi in faccia le cose. La nostra non è così sincera, mentre dirsi in faccia le cose significa poter crescere».

Porta in scena un personaggio che è stato interpretato da altri “mostri sacri” del cinema e del teatro: Sbragia, appunto, ma primo fra tutti, indimenticabile, Mastroianni. Com’è il suo Gabriele e cosa si prova a portare sul palco un personaggio che ha comunque avuto voce e volto di un attore come, appunto, Marcello Mastroianni?

«Devo dire che Mastroianni con il personaggio di Gabriele ha fatto una cosa fantastica che ha tutta la mia ammirazione: lo ha raccontato in modo superlativo. Ma questo personaggio ha comunque una storia e il teatro è un’altra cosa rispetto al cinema, è diverso. In scena siamo in sette, era importante che i personaggi avessero una cornice che è contraltare a chi va alla parata. Gabriele e Antonietta, come si dice nella note di regia, sono due Cenerentole che restano lì, a casa, che “non sono invitate al ballo”. Mentre si volge l’incontro tra Hitler e Mussolini si svolge quello tra questi due poveretti, che sono distanti anni luce. Rimangono soli e iniziano un dialogo, entrambi hanno bisogno di parlare. E non emergono solo i temi della donna frustrata, schiavizzata dal marito: c’è la solitudine, l’amarezza, la periferia. E parlare di questi due incontri così diversi è un’altra cosa geniale di Scola. Nello spettacolo vengono anche proiettati documenti dell’epoca. La cosa bella delle sceneggiatura e del testo di Scola è che le battute non sono mai didascaliche, le dicono i personaggi: e Scola è abilissimo nel far ridere e nel far riflettere allo stesso tempo. Ogni sera Gabriele e Antonietta hanno il privilegio di confrontarsi con battute belle , ogni sera è un’emozione, ogni sera si trovano cose nuove. Per il mio personaggio mi sono fatto crescere i baffi, come se questo fosse un segno di virilità usato per nascondere la propria omosessualità. Non è stata però un’idea per diversificarmi da Mastroianni, ma quella di trovare in me cose che mi facessero pensare a Gabriele. E, detto questo, credo che Mastroianni sia inarrivabile…».

una-giornata-particolaretaFedeltà all’epoca, ma con temi ancora molto attuali, primo fra tutti, anche se siamo in una società che sembra quella della comunicazione per eccellenza, il tema della solitudine…

«Il discorso della solitudine è tema di oggi, anche in una società che comunica molto. A me sembra quasi che oggi si sia più fragili: per esempio, dover fissare sui social momenti felici, come accade in abbondanza, è come se non li si stiano vivendo, o meglio, è come se l’esperienza di viverli non sia sufficiente, ma che ci sia bisogno di un’immagine che li racconti. I drammi della solitudine e le situazioni violente forse nascono proprio dall’incapacità di vivere e comunicare le cose. Gabriele e Antonietta per me sono due personaggi bellissimi. Valeria Solarino in scena si esprime con l’accento siciliano per dare il senso di una persona “non omologata”, come se fosse “un’extracomunitaria”, in una famiglia di romani. Questo è un modo scelto dalla regia per ricostruire le discriminazioni che nascono con facilità. Fare questo spettacolo, insomma, è una bella avventura e noi siamo molto contenti. Alla fine lo è anche il pubblico, contento. E commosso.

Come sta proseguendo, intanto, l’esperienza di “Percorsi d’attore”, la scuola di recitazione che dirige a Roma?

«In questi mesi di tournée ho potuto svolgere poche lezioni personalmente, ma sono molto contento della scuola perché è un’occasione per i ragazzi. Di cui spesso diciamo tutto il male anche se non se lo meritano: e allora perché non dare loro un’opportunità di realizzare un sogno, se studiano e hanno talento? Non neghiamo loro il futuro…

Progetti futuri o imminenti?

«È appena uscito, il 7 aprile, un film girato a Monopoli, “L’età d’oro”, per la regia di Emanuela Piovano, in cui sono tra i protagonisti con Laura Morante e Gigio Alberti, tra gli altri. Una storia d’amore per il cinema, di un gruppo di amici che anni fa facevano cinema in un’arena. E poi vorrei fare un cortometraggio: mi interessano cose un po’ strane e particolari. E personaggi che non siano repliche di altri».

Per i due spettacoli a Gallarate del 14 e 15 aprile ci sono ancora alcuni biglietti a disposizione: accanto a Scarpati e a Valeria Solarino recitano, per la regia di Nora Venturini, Toni Fornari, Guglielmo Poggi, Anna Ferraioli, Elisabetta Mirra e Paolo Minnielli.



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